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vittorio alfieri: i trattati politici

Il trattato Della Tirannide, in due libri costituisce una prima chiave di interpretazione del teatro alfieriano basato in genere su un drammatico conflitto tra tiranno e tiranneggiato.
Nel primo libro si indica infatti l'origine della tirannide nel lusso, nello strapotere del clero e della milizia e nella viltà del volgo; nel secondo si afferma la necessità che l'uomo libero debba uccidere il tiranno o uccidersi, perchè la libertà non è un diritto ma l'essenza stessa dell'uomo senza la quale non ha significato la vita.

Nel trattato Del principe e delle lettere, in tre libri, il poeta affronta il problema del rapporto tra il principe e il letterato. Per lui lettere e potere politico non possono essere che naturali nemici: infatti il principe tende per sua natura a soffocare la libertà dei cittadini e a condizionarne la vita morale, mentre le lettere (come le intende l'Alfieri) hanno soprattutto il compito di promuovere nei lettori l'amore della libertà, la coscienza dei propri diritti, la responsabilità inalienabile del proprio destino. Severo è il giudizio dell'Alfieri sul fenomeno del mecenatismo, giudizio che non investiva solo i principi ma anche quei poeti (come Virgilio, Dante, Ariosto, Tasso) che in ogni tempo secondo lui si erano fatti cortigiani ed adulatori. Da quest'opera emerge esplicitamente la nozione che l'Alfieri aveva del letterato: questi si configura come un'eroe al quale spetta un'alta missione educativa, al di là di ogni lusinga e di ogni compromesso. Soprattutto maestro di libertà, il poeta, e non solo nei tempi di tirannide politica, ma in ogni tempo perchè in ogni tempo la libertà può essere insidiata e compromessa e rischia di essere ingannata o perduta se non è difesa con vigile coscienza da ogni minaccia.
Il trattato chiude con l'esortazione a liberare l'Italia dai barbari riprendendo il titolo posto dal Machiavelli all'ultimo capitolo del suo "Principe", per mostrare che in diversi modi si può ottenere lo stesso effetto: con gli scritti di "caldi e ferocissimi spiriti". In tal modo l'Alfieri inaugura la letteratura-azione, che troverà nel Foscolo il primo fervidissimo discepolo.