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GIACOMO LEOPARDI: LE OPERETTE MORALI

Le Operette morali sono il suo capolavoro come prosatore e insieme costituiscono il suo sforzo più elevato di elaborazione ideologica.
Gli antecedenti delle "Operette morali" sono da rinvenirsi nelle fitte pagine dello Zibaldone e nell'atteggiamento spirituale maturato con la delusione del soggiorno a Roma: un distacco dalle generose illusioni che avevano nutrito le canzoni civili e la convinzione raggiunta in quegli anni che nella società moderna "vero poeta è colui che medita filosoficamente l'anima, la natura, il mondo".

Le Operette morali (dialoghi o prose di riflessione sulla condizione dell'uomo) sono 24: 19 nel 1824, le restanti 5 in seguito.
Si inizia con Storia del genere umano poetica e sintesi dei concetti che saranno sviluppati nelle altre composizioni. Si finisce con Dialogo di Tristano e di un amico dove quei concetti premono di nuovo, ma con maggiore esperienza e complessità, nel cuore del poeta.
Nelle "Operette morali", che sviluppano i motivi dei piccoli idilli (o del dolore personale) che le precedettero e che contengono l'ispirazione dei grandi idilli (o del dolore cosmico) che le seguiranno, il Leopardi modifica radicalmente il concetto di natura. Finora egli aveva concepito la natura come fonte di felicità umana, dalla quale si allontana l'uomo con il prevalere della ragione e della civiltà, procurandosi un'esistenza infelice. Ora invece rifacendosi al pensiero materialistico del Settecento, il concetto di natura benigna, cede il posto a quello di natura matrigna, indifferente e quindi oggettivamente ostile all'uomo. La natura si presenta al poeta come una entità indifferente, la quale, spinta dalla legge stessa della sua esistenza, la legge di distruzione e di riproduzione, non può che perseguitare i singoli individui di ogni specie, in quanto deve continuamente riassorbirli per assicurare il ritmo e lo svolgimento dell'universo.

Leopardi arriva ad una concezione rigidamente materialistica, nella quale non trovano posto i grandi ideali dell'umanità, la bellezza, la virtù, l'amore, la poesia, il progresso, la libertà, la giustizia. Il suo pessimismo non è più storico, cioè determinato dall'inevitabile decadenza dell'uomo che abbandona lo stato di natura ma è diventato totale, cosmico, perchè investe la stessa natura e l'ordinamento dell'universo e l'essenza stessa della vita degli uomini e delle cose.

Allontanatosi sin da giovane dalla fede religiosa, per aderire ad un sistema di idee meccanicistico, che pure era lontana dall'animo suo ricco di immaginazione, Leopardi non ha saputo vedere oltre la materia, oltre la morte del corpo umano: non ha avuto nè la forza intima di ribellarsi al meccanicismo della filosofia illuministica e credere ad un qualcosa che superi la morte e l'annullamento di tutte le cose; nè ha saputo risolvere spiritualmente il suo problema.