QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

LE REPUBBLICHE MARINARE – AMALFI

Mille anni fa Amalfi aveva più oro, argento, stoffe preziose di qualunque altra città. Contava più di Napoli: nelle sue strade principi arabi si incrociavano con mercanti africani e capi di spedizioni che arrivavano persino dall’India. Uomini d’affari amalfitani avevano preceduto Venezia nel crearsi un loro quartiere a Costantinopoli, che era allora il centro della terra: colonie di Amalfi, banche, case di commercio prosperavano lungo tutta la costa mediterranea e nell’interno: a Tunisi e Tripoli, Alessandria e Antiochia, la Puglia e la Campania.

Sorgevano in città chiese e palazzi destinati a sfidare i secoli: gli architetti amalfitani sapevano scegliere il meglio fra l’arte araba e quella siciliana. Stretta fra il mare e un gruppo di montagne alle spalle, Amalfi era molto più estesa del paese di 5000 abitanti che ancor oggi continua ad attrarre folle di turisti. Nel 1010 una tremenda mareggiata spazzò via il porto, tragedia che si ripetè nel 1343 e, quasi ai nostri giorni, nel 1924; ma periodicamente grosse frane rovinavano a terra, fino a riempire le acque del porto. Anche nell’antichità gli amalfitani non avevano troppo spazio per vivere e cercarono potenza e ricchezza nell’unico modo possibile, lanciandosi per le vie del mare. Impegnata in un primo tempo nella difesa dalle scorrerie saracene. Amalfi si scontrò intorno al 900 con l’Impero bizantino. Erano in pericolo i suoi traffici nel Mediterraneo; così cambiò alleanza unendosi ai musulmani e arrivando a permettere che le loro bande saccheggiassero le terre dei longobardi e persino del Papa. Nuova svolta pochi anni più tardi, ancora in lotta contro i saraceni: che non era però un disinvolto sfruttamento di beghe altrui ma piuttosto un modo per non venire schiacciati da avversari troppo forti. In primo luogo i normanni, verso i quali Amalfi un pò si ribellava, un pò era costretta a trattare.

L’invenzione della bussola
In quell’epoca, e anche in seguito, chi si avventurava per mare seguiva le regole dettate dalle Tavole amalfitane, un codice di diritto commerciale marittimo fatto proprio da quasi tutte le potenze mediterranee. Ad Amalfi fu perfezionata la bussola, strumento indispensabile per i marinai, già noto a cinesi e arabi che non avevano saputo però collegare l’ago calamitato alla Rosa dei venti. C’è la leggenda di Melchiorre Gioia, o Flavio Gioia secondo altri, personaggio che ad Amalfi si considera come l’inventore della bussola, ma nella realtà non sembra sia mai esistito: mentre vissero e si arricchirono quei navigatori di cui non ci è stato tramandato il nome, espertissimi nell’affrontare le onde così come nel trovare la rotta attraverso quella lancetta imperniata in una scatola di legno.

La decadenza
Per cinquant’anni e più, durante l’undicesimo secolo, gli amalfitani tentarono di contrastare l’invadenza normanna: ma troppo forte era lo squilibrio. Qualche rivolta, molte concessioni al nemico finchè, dopo il 1100, si affacciano al Sud le navi di un’altra città in fortissima espansione, Pisa. I pisani fanno concorrenza ad Amalfi nei ricchi mercati d’Oriente; qualche volta la rivalità commerciale provoca scontri armati. Nel 1135 i pisani vengono chiamati dal principe di Capua che cerca anch’egli di opporsi ai normanni. Quando la flotta pisana, 46 navi, compare all’orizzonte, gli amalfitani non si aspettano un attacco. Subiscono una strage, seguita da un tremendo saccheggio. Amalfi, già in decadenza, è praticamente messa in ginocchio. Non si risolleverà più. La stessa sorte che subirà Pisa, nei secoli successivi, ad opera di Genova.