QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

SILVIO PELLICO E LE MIE PRIGIONI

Nato a Saluzzo nel 1789, Silvio Pellico si stabilì a Milano, dove divenne precettore in casa del conte Luigi Porro Lambertenghi e si legò di amicizia con Ugo Foscolo, Vincenzo Monti e altri letterati italiani e stranieri residenti o di passaggio a Milano. Nel capoluogo lombardo Pellico conobbe il primo importante successo con la tragedia Francesca da Rimini, rappresentata per la prima volta nel 1815, ed ebbe modo di frequentare i circoli romantici e di diventare uno dei più assidui collaboratori del “Conciliatore”. Introdotto nella Carboneria da Pietro Maroncelli, Pellico venne arrestato dalla polizia austriaca il 13 ottobre 1820. Processato e condannato a morte nel 1822, venne graziato dall’imperatore che commutò la condanna in quindici anni di carcere duro, da scontarsi nella fortezza dello Spielberg in Moravia. Graziato nel 1830, ritornò a Torino, dove visse come bibliotecario dei marchesi di Barolo e riprese l’attività letteraria componendo tragedie, liriche di ispirazione religiosa e trattati morali. Morì nella capitale sabauda nel 1854. La sua fortuna letteraria è essenzialmente legata al libro di memorie Le mie prigioni, pubblicato nel 1832, nel quale Pellico rievocava la sua esperienza del carcere e della conversione religiosa. Non era intento dell’autore scrivere un’opera di propaganda antiaustriaca, ma Le mie prigioni furono lette, nel clima di repressione degli anni Trenta, come un atto di accusa nei confronti del duro regime carcerario dello Spielberg. Metternich lo definì un “libro di preghiere convertito in un libro di calunnie” più dannoso per l’Austria di una battaglia perduta.