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LA I GUERRA D’INDIPENDENZA

Il timore della rivoluzione e la chiara intenzione di Carlo Alberto di ridurre la guerra nazionale a una conquista dinastica pesarono fortemente sulla condotta militare della guerra. Già il ritardo nell’intervento impedì all’esercito piemontese di sorprendere gli austriaci in fase di ripiegamento e lasciò a Radetzky il tempo di ritirarsi nelle fortezze del quadrilatero (Verona, Mantova, Peschiera e Legnago) e attendere i rinforzi. Carlo Alberto, non intendendo sguarnire i presìdi interni, per timore di insurrezioni repubblicane, non raccolse tutte le forze disponibili e manifestò un’evidente ostilità nei confronti dei volontari che sopraggiungevano da tutta Italia.
L’impreparazione degli alti comandi, l’inettitudine del sovrano come comandante supremo, la reciproca diffidenza fra piemontesi, lombardi e i corpi di spedizione degli altri Stati dell’Italia fecero della guerra piemontese un disastro strategico. Non furono tagliate le vie di comunicazione con l’Austria, non venne nemmeno tentata la conquista del Trentino, né il ricongiungimento con le truppe papali o i volontari veneziani. I primi successi piemontesi contro le retroguardie austriache a Pastrengo e a Goito si arrestarono dinanzi al quadrilatero. Mentre il grosso dell’esercito sardo si impegnava nell’assedio e nella presa di Peschiera, l’unica vittoria significativa durante il corso della guerra, gli austriaci riconquistavano Vicenza e il controllo del Veneto e all’inizio di luglio, con una netta superiorità di uomini, mezzi e direzione strategica, passavano alla controffensiva, schiacciando a Custoza l’esercito piemontese. La ripresa della guerra, dal 19 al 23 marzo del 1849, si rivelò per il Piemonte ancora più disastrosa: l’esercito, attaccato in più punti dagli austriaci nei dintorni di Novara, fu sconfitto in tre giorni senza quasi opporre resistenza. La colpa fu fatta ricadere tutta sul generale Ramorino, che il 19 marzo aveva lasciato la sua postazione dando origine alla fuga disordinata di alcuni reparti, ma le responsabilità erano molto più vaste e toccavano la stessa struttura del comando e dell’esercito sabaudo.