I FENOMENI ENDOGENI

Sulla superficie terrestre le zone più ricche di vulcani coincidono con quelle ove i sismi si manifestano con maggiore frequenza. I movimenti tettonici più intensi provocano all’interno del globo scosse violente che arrivano fino in superficie. Queste possono determinare l’apertura di profonde spaccature litosferiche attraverso le quali fuoriesce il magma.
Osservando il planisfero si può notare come eruzioni e terremoti si concentrino lungo quattro lineamenti principali. Il più esteso, chiamato Cintura di Fuoco del Pacifico, corre tutt’attorno a questo oceano. Percorre l’arco delle isole Aleutine, il bordo occidentale delle Americhe, passa per l’Antartide per risalire lungo la Nuova Zelanda, gli archi insulari del Mar della Sonda, delle Marianne, delle Filippine, del Giappone e il bordo orientale dell’Asia.
I secondi lineamenti sismo-vulcanici sono le dorsali medio-oceaniche.
Qui la maggior parte delle manifestazioni interessano il fondo marino, ma in taluni casi la sommità degli edifici vulcanici affiora a formare isole costituite da lave solidificate. Sono in questa origine Ascensione, Sant’Elena, Tristan da Cunha lungo la dorsale medio-atlantica, e la stessa Islanda, ricchissima di fenomeni eruttivi.
La terza area di intensa attività è costituita dalle catene estese in senso trasversale dal bacino mediterraneo fino all’Iran attraverso la penisola anatolica. L’ultima grande fascia si estende in direzione nord-sud nell’Africa orientale, ove, al fondo delle fosse tettoniche, i rift, si sono impostati grandi laghi che ne seguono la conformazione.
Vulcani e terremoti dunque coincidono con i margini attivi delle zone crostali. Nelle zone di frattura l’effusione della lava in superficie è relativamente tranquilla, ed è accompagnata da manifestazioni sismiche in genere modeste. L’attività è invece molto più violenta nelle zone di subduzione. Ove la crosta oceanica si immerge sotto la zolla adiacente si creano altissime pressioni che scatenano terremoti particolarmente distruttivi. In questo caso l’ipocentro dei sismi si può raggiungere i 700 km di profondità, le scosse si proiettano in superficie su aree vastissime. L’Italia è un tipico esempio dell’assommarsi delle due attività. Le zone di rischio cosmico coprono gran parte del territorio, in particolare là dove esistono vulcani attivi o quiescenti.
La storia del nostro Paese è disseminata di grandi catastrofi, dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. che distrusse Pompei ed Ercolano, fino ai terremoti di questo secolo: da Messina nel 1908, al Belice nel 1968, al Friuli nel 1976, all’Irpinia nel 1980 e all’Umbria nel 2009. Non è un caso che una delle scale di valutazione dei sismi più diffuse sia stata ideata dall’italiano Mercalli. Essa si basa sulla misurazione degli effetti distruttivi del terremoto. Oggi però è d’impiego più frequente la scala Richter, che misura la quantità di energia liberata dal sisma, o magnitudo.
I Paesi più progrediti, e più esposti a questi fenomeni (come l’Italia, il Giappone, gli Stati Uniti) hanno allestito servizi di previsione vulcanica e sismica.
I servizi di previsione sismica, ad esempio, si basano su reti di sismografi sensibilissimi, in grado di registrare scosse ben al di sotto del livello di sensibilità umana. Se tali scosse si ripetono con frequenza eccessiva e crescente, è possibile prevedere con buona approssimazione il collasso successivo.
Nelle zone a maggior rischio viene applicata una politica di prevenzione sismica: fra le varie norme applicate, la più importante è quella che impone la costruzione dei nuovi edifici con criteri antisismici.