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IL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II

Annunciato da papa Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, il concilio ecumenico Vaticano II fu aperto l’11 ottobre 1962 con una cerimonia trasmessa dalla televisione. Nel discorso di apertura Giovanni XXIII manifestò di prefiggersi l’aggiornamento della dottrina della Chiesa, consapevole “delle deviazioni, delle esigenze e delle opportunità dell’età moderna”. Rispetto al mondo contemporaneo Giovanni XXIII esprimeva la sua preferenza per un atteggiamento di misericordia piuttosto che di condanna. Con il suo discorso di grande apertura e di grande fiducia nella capacità di un’azione dinamica della Chiesa nel mondo, Giovanni XXIII apriva nuovi orizzonti al lavoro dei vescovi.
Alla prima sessione del concilio, chiusa l’8 dicembre, parteciparono 2494 padri conciliari, provenienti dai cinque continenti, affiancati da consultori (teologi e sociologi), che orientarono in senso innovatore il lavoro dei padri conciliari, e 93 osservatori delle altre chiese cristiane. Il concilio si articolò in dieci commissioni permanenti, che proponevano alle assemblee plenarie i temi della discussione. Si svolse in quattro sessioni. Fu proseguito, dopo la morte di Giovanni XXIII, avvenuta il 3 giugno 1963, da Paolo VI e si concluse l’8 dicembre 1965, dopo aver approvato quattro costituzioni, nove decreti e tre dichiarazioni. In complesso svolse un’azione di profondo rinnovamento della presenza della Chiesa nel mondo contemporaneo, chiudendo una lunga fase storica, successiva al concilio di Trento (XVI sec.), e impostando un nuovo itinerario ecclesiale: dal ripensamento dei basilari riferimenti alla rivelazione e alla liturgia, i testi del Vaticano II derivano infatti una revisiione della coscienza di sé della Chiesa (pensata come “popolo di Dio” piuttosto che come istituzione eminentemente gerarchico-giuridica) e dei rapporti della Chiesa con la società (progettati secondo il metodo del “dialogo”, fuori da ogni opposizione di principio).