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IL QUARTO STATO

Attorno al 1900 Giuseppe Pellizza, meglio conosciuto come Pellizza da Volpedo (Volpedo, Alessandria, 1868-1907), terminò il suo celebre quadro Quarto stato, frutto di un lavoro decennale.

Il dipinto, che ha le dimensioni di un ampio affresco, si rifaceva alle tematiche artistiche europee a sfondo sociale, mantenendo nel contempo un forte legame con le idee espresse dal movimento della scapigliatura lombarda, che risaliva a metà Ottocento. Superando il provincialismo tipico delle varie scuole regionali italiane di quel periodo, Pellizza affermava “che ora non è più l’epoca di fare dell’arte per l’arte, ma dell’arte per l’umanità”. Il Quarto stato segnava infatti il passaggio da un’arte ancorata a una rappresentazione retorica di carattere romantico (era il caso, per esempio, delle Vittime del lavoro, il bassorilievo in bronzo realizzato da Vincenzo Vela nel 1883) a un’arte che, bandita la visione vittimistica del “quarto stato”, ne celebrava la determinazione e la forza. Protagonista del quadro è la folla degli umili, proletari o sottoproletari, che popolava l’Italia del tempo, e l’andatura calma e l’atteggiamento pacato di questa folla non sono segni di sottomissione o di rassegnazione, ma di fermezza.