QUESTA È UNA RACCOLTA DI NOTIZIE E FATTI STORICI, ADATTA PER RICERCHE SCOLASTICHE E PER ARRICCHIRE IL PROPRIO BAGAGLIO CULTURALE.

GLI UNNI

L’origine degli Unni è totalmente oscura: comparvero a Est del fiume Volga poco dopo la metà del IV secolo, sconfissero dapprima gli Alani (popolo germanico che occupava le pianure fra il Volga e il Don), poi rapidamente abbatterono il grande dominio degli Ostrogoti. Soggiornarono per un certo tempo in Pannonia e nel 375 piombarono sui Visigoti, che occupavano la regione corrispondente all’attuale Romania, arrivando alla frontiera danubiana dell’Impero romano.

La più antica informazione sulle abitudini degli Unni (risale all’anno 395) ci è fornita dallo storico romano Ammiano Marcellino, che li descrive come pastori primitivi, possessori di mandrie e di cavalli, che integravano la loro alimentazione con i prodotti della caccia e della raccolta, ma che ignoravano del tutto le tecniche agricole.
Secondo Ammiano non possedevano abitazioni stabili, ma si spostavano nella steppa alla ricerca di pascoli e di acqua. Le loro vesti erano fatte di stoffa (probabilmente ottenuta dallo scambio con altre genti), e di pelle.

Vivevano sempre a cavallo, mangiando, scambiando i loro prodotti e negoziando i loro patti senza mai smontare. Non avevano un re: ciascun gruppo era guidato da un capo, del quale non si conoscono i poteri, né si sa se avesse conquistato quel ruolo in pace o in guerra. Sembra che non avessero un capo supremo neppure quando erano impegnati nelle loro maggiori imprese belliche.
Come guerrieri, gli Unni ispirarono in tutta Europa un terrore che non fu eguagliato da nessun altro popolo barbaro. Erano abilissimi arcieri a cavallo: i nemici non cessavano di stupirsi della precisione con cui si servivano degli archi.

I loro cavalli non erano belli ma erano fortissimi. L’abilità degli Unni nell’arte di cavalcare, la tempesta di frecce che erano in grado di scagliare con incredibile rapidità, la velocità delle loro tattiche, con cariche feroci e improvvise ritirate, li portarono a schiaccianti vittorie prima sui Goti e più tardi sui Romani.
Trent’anni dopo il resoconto di Ammiano, la loro organizzazione era mutata e il comando dei vari gruppi era concentrato nelle mani di un singolo re, Rugila; quando questi morì (434) gli succedettero i suoi due nipoti Bleda e Attila.

La principale fonte di informazioni sugli Unni al tempo di Attila è rappresentata dalla testimonianza dello storico greco Prisco, che visitò il suo accampamento nell’anno 449 e lo incontrò più volte personalmente Prisco lo descrive come un uomo basso e robusto, con una grande testa, naso piatto, occhi profondamente infossati e una sottile barba.

A quel tempo gli Unni avevano accumulato grandi quantità di oro, come risultato dei tributi imposti all’Impero d’Oriente: intorno al 430 l’imperatore Teodosio II versava loro 170 kg d’oro l’anno, quantità che nel 435 venne raddoppiato. Nel 443 ricevettero gli Unni 3 tonnellate d’oro in una sola volta, mentre il tributo veniva portato a una tonnellata d’oro all’anno. Oltre a ciò, essi ricavavano enormi profitti dai saccheggi e dai prigionieri che rivendevano come schiavi a Costantinopoli. Quando andavano in guerra, gli Unni portavano con sé ampie schiere di combattenti reclutati tra i popoli sottomessi, non soltanto per il vantaggio militare che ne derivava, ma anche perché sarebbe stato pericoloso lasciare a casa quegli uomini, quando l’esercito si allontanava.

Con Attila, che nel 445 aveva ucciso il fratello Bleda, il comando militare divenne ereditario nella sua famiglia. Attila esercitò il potere in pace e in guerra: progettava personalmente le imprese del suo popolo e conduceva i negoziati con gli Stati stranieri; amministrava la giustizia senza consultarsi con nessuno e dirigeva il suo enorme dominio per mezzo di funzionari da lui prescelti, ciascuno dei quali comandava un corpo di armati.

Benché rude guerriero, Attila apprezzava la cultura e ospitò alla sua corte studiosi greci e latini e raffinati artisti. Alla sua morte, che la leggenda attribuì ad avvelenamento per opera della moglie, il suo regno crollò come un castello di carte.